Domenica 14 aprile siamo stati alla grotta del “Baccile” sopra Resceto (Catasto Toscano Grotte: T/MS 226),
grotta che gli istruttori ci hanno detto essere perfetta per le uscite
del corso. Per me è stata la prima uscita ed ero un po’ emozionata. Il
tempo non era dei migliori, infatti la mattina ci siamo svegliati alle
sei e mezza con un messaggio di Liviu che ci avvertiva che stava
diluviando. Per fortuna piano piano la pioggia è calata ed al momento
del ritrovo a Canevara aveva già smesso. Recuperata l’attrezzatura,
siamo partiti alla volta di Resceto. Abbiamo lasciato le macchine nella
piazzetta, attraversato il paese e imboccato il sentiero che risale il
fiume. Dopo una mezz’ora di salita sul versante opposto a quello della
via Vandelli, sudatissimi siamo arrivati all’ingresso della grotta e ha
cominciato di nuovo a piovere. Non eravamo gli unici, infatti
all’ingresso abbiamo trovato il materiale di un altro gruppo, entrato
prima di noi. Alessio, Daniele e Liviu sono scesi per primi ad armare il
percorso, gli altri sono rimasti rintanati nell’ingresso per ripararsi
dalla pioggia. Ci è voluto un po’ prima di riuscire ad entrare tutti e
iniziavo a demoralizzarmi per il freddo e l’umido, ma Danilo M., che era
rimasto in fondo insieme a me, mi ha spiegato che entrare è la parte
più lunga e che, una volta calati, ci saremo sparsi lungo il percorso
senza ingorghi. La discesa è iniziata con uno scivolo lungo di una
quindicina di metri, dove più o meno a metà abbiamo incontrato un
deviatore. Visto che c’erano due corde Danilo mi ha accompagnata nella
discesa, seguendo ogni mia mossa, il che mi ha dato sicurezza. Una volta
dentro il percorso è stato un susseguirsi di pozzi e meandri più o meno
stretti. In alcuni punti ci si arrampicava, in altri si doveva
procedere a gattoni, in altri ancora ci si lasciava scivolare giù. Lungo
la discesa Danilo mi ha fatto osservare i segni impressi sulle pareti
(scallops) che cambiano forma e dimensioni a seconda della forza
impiegata dall’acqua nello scorrere. A un certo punto, facciamo una
piccola deviazione e da un cunicolo, che sarà stato un metro di
diametro, ci ritroviamo a una finestra che affaccia su un pozzo di 100
metri, di cui non si riusciva a vedere la fine, uno spettacolo
incredibile. La discesa è durata circa un paio d’ore, fino a raggiungere
gli altri in una sala piena di sabbia finissima. I primi arrivati
avevano fatto una pista per giocare con le palline (quelle di plastica
con dentro le figurine dei ciclisti), che a quanto pare sono in
dotazione alla grotta. Abbiamo pranzato, condividendo panini, focaccine,
salami, biscotti, i tordelli di Margherita, il castagnaccio di Isacco e
una moretti da 66 magicamente sbucata dalla sacca di un istruttore
esperto.
Non ci siamo fermati molto, giusto il tempo di mangiare e
riposarci un po’, poi ci siamo rimessi in marcia per evitare di
raffreddarci troppo. Durante la risalita vengo affiancata da Zella, più
taciturno di Danilo ma anche lui tra un passaggio e l’altro mi fa notare
le peculiarità del percorso e mi spiega che in grotta non ci sono odori
- a parte quelli che ci portiamo dietro - e che uno dei segnali che
indicano la vicinanza dell’uscita sono proprio gli odori che provengono
dall’esterno. Durante la risalita abbiamo incontrato altri due gruppi di
speleo che stavano scendendo ai quali abbiamo dato la precedenza sui
pozzi. Alcuni di loro conoscevano Nadia e Danilo e visto che in parte
avevano approfittato delle nostre corde, si sono offerti di disarmare il
percorso al posto nostro e di lasciarci il materiale al bar del paese,
risparmiando un po' di lavoro agli istruttori.
Relazione dell'uscita scritta da Francesca Poggi
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