martedì 7 marzo 2017

ANTRO DEGLI ORRIDI - PARTE I -

L'attacco sul P.30
L'Antro degli Orridi è una grotta che si sviluppa nel calcare cavernoso ad una quota di 1100 mt s.l.m a Campocecina  presso la Foce Pozzi nel comune di Carrara . La conosco molto, bene dato che è stata la mia prima grotta verticale e quella in cui ho fatto pratica delle tecniche di risalita e discesa su sola corda (eravamo all'inizio anni 80') con tecniche a dir poco sperimentali e abbastanza "pericolose" specialmente se rapportate ai nostri tempi [CLICK PER CONTINUARE].
 Abbiamo deciso di fare una uscita rilassante e alla portata di tutti, specialmente per chi è uscito dall'ultimo corso  e anche per conoscere grotte che non si sviluppano nel marmo ma in una roccia, il calcare cavernoso,  che può anche essere molto deteriorata ma in cui si sviluppano le grotte più grandi della Terra.L'uscita aveva scopi quasi esclusivamente fotografici che, lo dico subito, sono stati in parte disattesi. Giovedì ho preparato le macchine fotografiche (una Olympus Tough 8000 Rugged  e una Panasonic), due cavalletti, un illuminatore Mastrel da 600 Lumen  e tutto un set di batterie ricaricabili (5 set da 4) per non rimanere a secco sul più bello, tutto il materiale per arrivare nella grande sala sotto al P.30 e cioè un paio di corde da quaranta metri e una corda da una decina di metri per il saltino intermedio.  Per fare una uscita fotografica decente occorrono un minimo di tre persone: colui che armeggia con la macchina fotografica, colui che illumina al comando del primo e uno o due "personaggi" da inserire nella scena che magari illuminano per dare n senso di profondità alle foto . Il problema di fare delle foto decenti in grotta è noto e riguarda principalmente il fatto che tutte le foto sembrano "piatte", mancano di profondità e, a volte,  le persone sembrano letteralmente aggiunte "post" magari utilizzando Photoshop o, The Gimp (che è una validissima alternativa opensource pensata principalmente per sistemi Linux ma che gira anche su Winzoz o Apple). Altri problemi che si riscontrano sono dovuti alla qualità del sensore delle macchine digitali impiegate che  non è particolarmente eccelsa e la foto risulta con una grana abbastanza grossa.  Nel caso della Olympus che utilizzo il sensore è da 14 Mpx  ma a I.S.O.  200

Il pozzo di accesso

la grana dell'immagine risultante è grossa, cioè si ha una perdita di nitidezza con zone formate da pixel  che risultano accorpati e/o scalettati. L'unica soluzione è avere una fonte di illuminazione decente, quindi un flash oppure un illuminatore LED. Un altro problema nasce dall'utilizzo del flash incorporato nella macchina : se c'e' polvere in sospensione nell'aria davanti alla macchina stessa, le particelle di polvere riflettono il lampo che nella foto risulterà come un cerchietto luminescente. Insomma, non è facile fare delle fotografie in questo ambiente. Per finire basta pensare al problema di mantenere pulito l'obbiettivo della macchina fotografica da fango e altri depositi. Per tornare all'uscita, ci siamo dati appuntamento al Comune di Carrara (nella foto potete vedere l'emblema del comune e cioè la parte della ruspa utilizzata per scavare) alle 9 di Sabato e, naturalmente, prima delle 9:40 non si è visto nessuno ma fà parte del gioco, insomma siamo partiti verso le 10 del mattino e siamo arrivati a Campocecina verso le 11 passate. Un bel caffè al Belvedere e poi ci siamo incamminati per il bellissimo sentiero del C.A.I  numero 183 che dopo una ventina di minuti ci ha portati in prossimità dell'ingresso della grotta. Proprio sotto il sentiero arriviamo in un sistema di doline. Una di queste è l'ingresso veramente spettacolare della grotta. Spettacolare perchè si tratta di erosione inversa, che scende per una ventina di metri in mezzo al calcare cavernoso e sulle cui pareti scintilla un muschio verdissimo. Proprio di fianco abbiamo una dolina "gemella" che sprofonda di parecchi metri ma ancora chiusa al fondo. Se uniamo queste doline con una linea, intercettiamo un altra grotta, il Buco Giallo che si apre nella valle parallela a questa a qualche centinaio di metri di distanza. Gli attacchi sono naturali e consistono di un bel faggio come  principale, di un albero come deviazione e di un altro albero, con utilizzo trentennale, che si spencola nel pozzo e da cui la corda scende direttamente verso un frazionamento posto a sei sette metri dal fondo (è possibile utilizzare sia un frazionamento a destra che a sinistra della corda  di discesa).
un pozzo "a cielo" , formatosi forse dal crollo del tetto di una dolina o per crollo dovuto al fenomeno della
Particolare del pozzo di accesso
Il pozzo da accesso a una grande sala di crollo. In fondo alla sala c'e' un evidente basso passaggio che porta a un pozzetto (si può fare in libera) armabile utilizzando un fix posto in alto sulla destra della parete e una vecchia piastrina con moschettone non più apribile. Alla base del saltino, fatti pochi metri, si puo' notare a destra una frana che da accesso a una sala grosso modo corrispondente alla dolina gemella esterna e, a sinistra, un evidente arrivo d'acqua (fondo sempre bagnato e fangoso) da una piccola apertura. Andando avanti di pochi metri si arriva su un grande terrazzo sospeso e che disceso da accesso al bordo del P.30 e alla relativa sala dalla forma a duomo e dalla perfetta acustica. Provare a lanciare un sasso (se ne trovate uno non cementato) e a sentire il rumore. Nel buio occhieggia qualche finestra (notevole una sala posta proprio di fronte al terrazzo che da accesso a uno sprofondamento doliniforme) e il colpo d'occhio è notevole. Come è possibile notare la roccia non è delle migliori : si tratta di calcare cavernoso abbastanza deteriorato ricoperto da concrezioni. Molti anni fà si scendeva su spit dal bordo sinistro del pozzo in posizione molto aerea ma questi attacchi, dopo qualche tempo, non erano più
La grande sala sotto il P.30
utilizzabili (a qualcuno è venuto anche via dalla roccia) come anche i fix che cominciavano a "ballare". Alla fine qualcuno (Andrea del gruppo di Sarzana il G.S.C.S. ) si è deciso ed ha armato con un fittone e resina. L'ancoraggio è ancora in ottimo stato dopo parecchi anni. Quindi si scende il terrazzo fino al bordo del pozzo tenendo la sinistra e si esegue l'attacco principale  su questi due ancoraggi, poi la corda viene rimandata a un ancoraggio doppio (fix) che si trova sempre sul bordo sinistro. La corda poi scende verso un fix inox (recente) e da lì verso un altro fittone poco sotto il bordo del terrazzo. La situazione è leggermente cambiata dato che la grotta è stata utilizzata come sede per l'esame di qualifica S.S.I per gli IT ( Istruttori di Tecnica) che, durante l'uscita, hanno provveduto a creare un altro doppio attacco, sempre sul bordo sinistro. In ogni caso gli attacchi sono completamente nel vuoto ed è altamente consigliabile una staffa (se si pensa che possa servire e comunque aiuta sempre). La discesa avviene completamente nel vuoto e  gli ultimi metri scorrono in uno strato di riporto, inciso  dall'acqua, presente alla base del pozzo atterrando su un pavimento costituito da riempimento di sassi e ciottoli con prevalenza di calcare cavernoso ma anche brecce (violacee) e marmo (grigio/nero venato). La sala è molto grande e il soffitto e i portali hanno la conformazione ad arco e cupola tipica delle grotte nel calcare cavernoso. Per inquadrare gli Orridi nell'area dei Pozzi di Campocecina bisogna dire che esso, con molta probabilità, è uno degli ingressi alti del sistema Cobardine - Fate che si sviluppa molto più in basso dalla Tecchia di Tenerano, risalendo la valle  e sotto le pareti di calcare fino alla Rocca di Tenerano, passando sotto il Cardeto e prendendo acqua dall'Antro degli Orridi e dal Buco Giallo. Come ho detto, se tracciamo una linea immaginaria tra le due doline degli Orridi,

Carta geologica, sentieri C.A.I, toponimi e grotte della zona

raggiungiamo con buona approssimazione il Buco Giallo (messo a catasto come Pozzo Giallo : dato che è stato scoperto dal GSCC - Gruppo Speleologico C.A.I. Carrara ed è sempre stato chiamato
Poco prima dell'ingresso
Buco Giallo non si capisce bene questo cambio di nome). Nella mappa sopra è possibile visualizzare la zona dove si sviluppano le grotte. In rosa lo strato di calcare cavernoso (CCA- TRIASSICO SUPERIORE ) che dal Monte Ballerino (al centro dell'immagine) digrada verso destra e cioè verso la Valle della Rocca di Tenerano dove si aprono gli ingressi bassi del Sistema Cobardine-Fate. Questa valle  (formalmente Canale D'Arpa )  costituisce quello che i geologi chiamano una "Finestra Tettonica". Al diminuire della quota (il potenziale si aggira intorno agli 800 metri) vengono attraversati numerosi strati geologici. Dal bordo della valle passiamo attraverso Grezzoni ( GRE - NORICO ), Scisti Sericitici ( SSR - CRETACICO INFERIORE - PALEOGENE), Calcari ad Entrochi (ENT - CRETACICO INFERIORE ), Calcari Selciferi (CLF - TRIAS MEDIO - TRIAS SUPERIORE),  Diaspri (DSD - MALM),  Marmi ( MAA - LIAS INFERIORE ), Marmo Zebrino  ( LIAS INFERIORE - LIAS MEDIO ).  Nella parte bassa della valle, dove il marmo affiora c'e'  la "Cava di Peghini" , una cava abbondata negli anni 70'. Noto che anche dopo moltissimi anni il rilievo del Buco Giallo non è ancora stato consegnato al catasto. Si tratta di una cavità verticale che si sviluppa in una

Tra il primo e il secondo pozzo
roccia molto deteriorata con una serie di pozzetti stretti (Il Tiramisù) collegati da brevi meandri e con un bel P.100 (Pozzo Tobia) che da accesso alla parte finale della grotta costituita dalla transizione tra una roccia pressochè incoerente e "morbida" ed un marmo grigio-nero venato e duro. Materiale che si ritrova in basso un pò in tutta la zona ad esempio  nella sala sotto il P.30 agli Orridi e anche, a questa quota, all'esterno nel Canale di Scortico poco prima di arrivare a una risorgente costituita da una cavità bassa e dopo pochi metri sifonante. Questa transizione ha provocato sul contatto tra le due rocce una zona molto frantumata e franosa con strettoie abbastanza pericolose. Da questo punto non siamo a molta distanza dalla parte più a monte del sistema Cobardine - Fate. Per riassumere,  nella zona ci sono l' Antro degli Orridi, il Buco Giallo, l'abisso "Do It"  che sono ingressi alti del sistema Cobardine - Fate e tutta una serie di
doline collegate e cavità più o meno profonde e non rilevate (da qui il nome Pozzi dato alla zona). Una specie di "gruviera" in una zona fortunatamente senza  cave (ci sono ,a poca distanza, le cave del Monte Borla). Il calcare cavernoso non è (ancora) oggetto di commercio anche se, in uno dei pochi ambienti delle Apuane rimasto
Carbonato a colazione?
ancora incontaminato si vorrebbe costruire una strada che, dalle cave del Borla, arriva all'interno  della grande valle a dolina poco sotto l'ingresso della grotta per  procedere a taglio dei faggi. Non per fare delle polemiche: magari i Faggi sono anche da tagliare o sono di proprietà di qualcuno ma aprire una strada in questa zona INCONTAMINATA sarebbe un precedente molto pericoloso: non per niente la zona confina con il  Monte Sagro mangiato dalle cave. Per tornare alla grotta, dalla sala del P30 grosso modo si accede  ad altre due sale comunicanti con essa e letteralmente riempite di concrezioni che danno accesso al P. 90 che costituisce la prosecuzione della grotta. Per quanto riguarda l'aria, si sente moltissimo all'attacco del P.30  nonostante la grande sezione  che deve attraversare. La circolazione segue il ciclo estate-inverno: in inverno soffia verso l'esterno e in estate aspira verso l'esterno. In pratica il pavimento della sala del P30 è costituito da un crollo ormai cementato dai millenni. Per molte volte gli speleo hanno cercato una via che portasse sotto il crollo ma invano. Ci sono anche alcuni notevoli tentativi della grotta di formare nuovi pozzi ma l'unico che, per ora, porta
Sala sotto il P.30
più in basso è il P90. Negli anni 60' il fondo di questo pozzo era stato raggiunto (su scale e se non ricordo male nemmeno di duralluminio ) da un gruppo speleo Polacco che aveva creato una incastellatura di tronchi incastrati nel soffitto del pozzo. Naturalmente ora sono marci e forse potrebbero crollare da un momento all'altro giusto per aggiungere un pò di tensione alla discesa. Per accedere al P90 si deve scendere nella sala a sinistra della base del P30 che è ingombra di concrezioni e con alcuni punti veramente spettacolari che, probabilmente, in questo punto la grotta ha sviluppato in condizioni subacquee. Si arriva nella sala e con una breve arrampicata si sale la parete di concrezioni fino a "sbucare" nella parete de pozzo. Gli ancoraggi sono in parte naturali e in parte abbastanza vecchi e consunti. Dopo un paio di frazionamenti si scende una decina di metri su un grande pavimento. Dalla base della discesa un paio di chiodi rilanciano la corda sul bordo del pozzo fino ad arrivare a due fix recenti. Da li in poi è possibile scendere (con molti frazionamenti) fino alla base del P90 oppure, con un pendolo dopo una quarantina di metri, ai cosi detti "Rami dei Belgi" che sono una struttura di pozzi, più o meno parallela al P90, che vanno oltre il fondo del grande pozzo e intercettano una piccola galleria chiusa a valle da un sifone. I Rami dei Belgi saranno oggetto di un altro post.

P.30 attacco



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