domenica 12 febbraio 2017

UNA GROTTA, DUE (NEO)SPELEO, TRE SACCHI

La Fame Atavica dello Speleo I
Premessa: La voglia di andare in grotta era tanta, il tempo per andarci poco. Per cui appena c’è stata una domenica libera Marco ha proposto di andare in grotta. Ma serviva qualche speleo “adulto”, perché Marco ha fatto il corso l’hanno scorso, con pochissima esperienza successiva; ha aderito Rolando, altro neospeleo, ma serviva sempre qualcun altro... Il sabato ancora nessuna adesione, ma dopo un breve confronto, i due hanno pensato: la grotta scelta, il Baccile, l’avevano fatta durante il corso, Rolando ha fatto anche il corso di armo, la voglia di andare c’era. Perché rinunciare?! Obiettivo i sabbioni!
Con un rilievo stampato dal Catasto e una scheda d’armo stampata dai ricordi di chi c’era stato almeno 20 volte, ci siamo dati appuntamento in sede la domenica mattina. Nessun problema nel preparare i sacchi, con un po’ di prudenza portando qualche moschettone e piastrina in più (perché non si sa mai... peccato che non stavano nei sacchi e ogni passo sembrava quello di un demone incatenato) e le incertezza di chi affronta per la prima volta una grotta come capo spedizione (ognuno si sentiva di dipendere dall’altro, per cui l’altro era per forza il capo spedizione).
Il tragitto in macchina ci ha fatto apprezzare la bellezza della speleologia, chiacchierando dei vari progetti che il GSAA sta portando avanti (Idruino, colorazioni,...) e l’avvicinamento a piedi ci ha fatto ricordare come mai qualcuno ci aveva sconsigliato di andare... Però al Baccile ci siamo arrivati intorno alle 11.30 e con la calma di chi sa di non avere nessuno dietro, ci siamo preparati per l’ingresso in grotta.

La Fame Atavica dello Speleo II
La prima sfida era a 5 metri da noi: armare il primo pozzo, un trentina di metri da fare su piano inclinato. Ci siamo stati circa un’ora: arrivare agli anelli già belli posizionati, capire come limitare il pericolo del fattore di caduta aumentato, allongiarsi, mettere i moschettoni, fare il nodo coniglio, metterla in posizione, toglierla e riposizionarla (abbiamo scoperto che anche i nodi hanno un verso), essere sicuri di aver fatto tutto nel modo giusto, ricontrollare, controllare ancora un paio di volte....  e alla fine decidere che era tutto pronto per scendere.
È andata, Siamo scesi! Prima Rolando, responsabile degli armi quindi primo a scendere e poi Marco con due sacchi appresso che suscitano tanti pensieri, solitamente espressi dagli amici speleo con preghiere a voce alta. Arrivati in fondo, tutto ok. Ma di tempo ne era già passato un bel po’, per cui abbiamo deciso che era già ora di pranzare.
Finito il frugale pasto, abbiamo ripreso il cammino, passando dalla strettoia subito sulla sinistra e procedendo spediti (!!!) verso il prossimo pozzo da armare, un salto di circa 3 metri che prosegue su quelli che ci sono sembrati i famosi scivoli (a questo punto i nostri ricordi dell’uscita con il corso erano già confusi; però di sicuro erano in discesa, di sicuro li abbiamo fatti con il culo,... erano per forza gli scivoli). In fondo a questi la freccia indicava di proseguire verso sinistra, dentro una strettoia oltre la quale le nostre lampade (a 30 candele dice Rolando) illuminavano un percorso un po’ angusto, con una pendenza discreta; abbiamo provato a rivedere il rilievo per capire se era il punto in cui usare la prossima corda (nella famosa scheda d’armo era indicata una 25 mt) ma ovviamente non ci abbiamo capito nulla, per cui, visto che li in giro c’erano dei fix e noi non sapevamo cosa c’era sotto, abbiamo armato e siamo andati, con il responsabile degli armi che ha ben pensato anche di mettere un paio di frazionamenti. Forse chi conosce a memoria la grotta si sta facendo un sacco di risate, perché probabilmente quel tratto si fa libero senza corda, ma noi abbiamo imparato che la sicurezza viene prima di tutto!
Finalmente soddisfatti!
Arrivato in fondo abbiamo fatto un po’ di esplorazione, perché non riuscivamo a capire bene dove eravamo: ci siamo affacciati sul p100, abbiamo proseguito verso quello che ci sembrava il percorso fatto durante il corso avendo cura però ogni tanto di segnare con un ometto o una freccia sulla roccia per non perderci. A quel punto però erano già le quattro e mezza, i sabbioni ci sembravano ancora abbastanza distanti anche perché avevamo ancora un paio di corde tra quelle preparate, dal rilievo non riuscivamo bene a capire la posizione, per cui abbiamo deciso di tornare in dietro.
Il ritorno, almeno fino alla base dell’ultimo pozzo da risalire, è andato tutto liscio (a parte gli scivoli da fare al contrario con i tre sacchi...) e abbiamo impiegato pochissimo tempo, fermandoci anche a mangiare un panettoncino che Marco ha portato per festeggiare l’impresa, infatti si pensava di uscire anche abbastanza presto. Arrivati alla base del pozzo, Rolando è voluto salire per primo, portando con sé caparbiamente due sacchi: quello che Marco in discesa ha pensato, Rolando in salita l’ha espresso, e sono uscite tante preghiere!
Alle sei e mezza siamo usciti, ormai con il sole tramontato da un bel po’ e siamo tornati alle macchine un po’ stanchini, ma soddisfatti della giornata, con la sorpresa ma anche la soddisfazione di ricevere da tutti, ma proprio tutti gli amici del GSAA i complimenti a fine serata.
Non abbiamo certo conquistato il sifone in fondo a Olivifer e forse il percorso che abbiamo fatto corrisponde alla passeggiata in giardino per uno speleo esperto, ma per noi è stata una bella e importante impresa, la prima grotta affrontata senza il supporto di qualcuno di più esperto.

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