“Non c’è nulla di meglio che immaginare altri mondi – disse – per dimenticare quanto sia doloroso quello in cui viviamo. Almeno così pensavo allora. Non avevo ancora capito che, ad immaginare altri mondi, si finisce per cambiare anche questo.”
(Baudolino - U. Eco)
E' Domenica, 29 Gennaio 2016, una data storica mi verrebbe da dire, se storico si può definire un evento personale speciale.
In realtà tutto comincia una settimana prima, nell' evento storico numero uno: all'alba di un'altra Domenica (nove del mattino del 22 Gennaio), io e il Dottoro avevamo tentato l'assalto al Baccile, senza però arrivare al fondo. Nonostante che nella relazione dell'uscita in grotta, il Dottoro abbia citato se stesso in terza persona, eravamo solo due giovani adulti che a malapena sapevano riconoscere un nodo coniglio da un bolino. Ma una morale l’abbiamo trovata: imbarcarsi in così pochi in una prima uscita da neofiti in grotta senza aiuti non è una buona idea. Ma da quella avventura ne è uscita una pietra miliare degli annali del gruppo speleo e orgogliosamente ne ribadiremo l’importanza ai nostri discendenti.
Così, vista la prima uscita a due, ci organizziamo per il ventinove con una squadra più corposa: tre. Sempre neofiti ma stavolta senza il Dottoro.
L'alba, quando il sonno vince sulla fame.
Mi sveglio che è buio e mi dedico, per così dire, ad un'ora di riflessione; seguono poi trenta minuti di preparazione e dieci di colazione e una rimirata al rilievo del Baccile.
Riguardo e rigiro il foglio stampato, <<L’altra volta siamo partiti da qui. mmmh. Poi discesa, a destra, altra discesa,...>> e poi mi perdo nelle spire che avvolgono il pozzo principale, il pozzo da cento (che non faremo per carità!).
Mi decido a uscire di casa e arrivo al gruppo, poi arrivano Larossana ed Edoardo, non ricordo in quale ordine, ma penso non sia fondamentale.
Prepariamo quasi in silenzio, solo con piccole parentesi del tipo: Ma la scheda d'armo va bene? Ma le piastrine? E il sacco cibo? E contiamo e ricontiamo quello che ci serve degustando cioccolatini trovati sul tavolo.
A quel punto emerge il dramma di Edoardo: quale desco per l’uscita? Ignaro della collocazione geografica del Baccile è convinto di trovare chissà quali porchettari lungo la via, ma non è così. Così passa un’altra ora in attesa che Edo faccia ritorno dal tour: alimentari di Altagnana, chiuso, poi Conad di Massa Centro e problema risolto con focaccia e companatico.
Pronti, via.
Arriviamo a Resceto, dove parcheggiamo la Panda con un po’ di paranoia per il parcheggio, causa: una compravendita di bestiame ovino. Decidiamo quindi una pausa caffè, (e ce la meritiamo!) al baretto di Resceto dove l’oste racconta di un gruppo speleo salito al Pianón il giorno prima e non ancora tornato(!!). Poi recuperiamo i sacchi dall’auto e ci perdiamo in un battibecco sulle mie elevate doti ansiogene, ma questo nuovamente è poco rilevante ed eccoci alla scarpinata diretta al Baccile.
Percorriamo un tratto del canale e poi seguiamo un sentiero ripido che porta a dei ravaneti, infine arriviamo davanti all’ingresso. Siamo sudati, quindi nessuna novità; la giornata continua ad essere serena in tutti i sensi e non ci sono state difficoltà a trovare l’ingresso, visibile già dal fondo del canale
Qualcuno mi aveva raccontato che oltre alla muraglia cinese dalla stratosfera si vedeva anche l’ingresso alto del Baccile. Sarà vero?
Ingresso alto è un eufemismo, rapportato all’ingresso basso: dieci metri più in giù in linea d’aria e venti passi in distanza totale.
Le ultime raccomandazioni sull’accudimento dei cari lasciati a casa e avanti!, a sparire nel buio. Sono solo, o già, le undici e mezza.
Mentre sono ancora lì che cerco di stabilire l’ordine degli attrezzi, complesso quanto quello dei casi di latino, quei due sono alle prese con l’armo dello scivolo d’ingresso, opera di Edoardo che introduce la massima della giornata riguardo ai nodi, ovvero: più sono sporchi più tengono.
Occultato anche il mio zaino, si scende speditamente. Che sollievo, a ciascuno il suo sacco. Stavolta ce n’è un pir ún.
Dentro è piuttosto caldo, qualcuno di più esperto potrà spiegare più dettagliatamente il fenomeno delle correnti d’aria e delle temperature ma la sensazione a pelle è comunque strana, un po’ sinistra: fuori inverno, dentro primavera.
Procediamo, nella strettoia e giù per la piccola discesa, attraversiamo la fine dell’anello con il lago Katia e andiamo avanti, perplessi su dove andranno utilizzate le corde che Danilo Magnani ci ha suggerito di portare.
Qualche parpaddjon svolazza mentre un ragno tende la tela e noi rimestiamo nei sacchi corde e moschettoni.
Per garantire una media nell’uso delle corde con la domenica passata, quando l’avarizia fece un crepo e l’abbondanza ne rise assai, forse anche a causa dell’influenza della Rossana che troppo tempo ha passato a Genova (acquisendo la rinomata avidità dei liguri applicata anche all’uso di corde, fix e spit) o forse perchè ingenuamente per diversi tratti il gruppo è guidato Edoardo la scimmia delle Apuane? Stavolta le corde ci avanzano (?!?) e mica pochissime.
Torneremo a casa dubbiosi e ignoranti, con un’inutile fatica?
Il Baccile è grazioso, fruibile, pedonabile, strusciabile.
Ci muoviamo veloci, anzi, il più velocemente possibile, perché stavolta ai sabbioni voglio arrivare. Così veloci da non pensare che forse il canyon andasse armato…
Ma eccoci arrivati a destinazione, odiosamente efficienti, forse, (Edoardo camina un po’ di meno va!), ma che fare adesso? Sono quasi le due del pomeriggio, intorno a noi sabbia, le biglie (le biglie!!) pronte per giocare! Stack, snik, snak e vince l’Adone de noartri, efficiente anche a biglie, cazzo!
Ma il tempo passato non è molto e come pischelli annoiati cominciamo a guardarci intorno e là! Proprio là, verso il fondo dei sabbioni c’è un cunicolo coperto di sabbia, ci incuriosisce e l’uscita finalmente si fa anche avventura. Neo speleo sì, ma anche curiosi e cominciamo a scavare... per poco, poi scavo solo io con gli altri due a fare il tifo.
Fondo Sabbioni 2 |
Fondo Sabbioni 1 |
Il passaggio è stato aperto, forse verso il sifone, e sprigiona l’armonia tonale ottimistica tra me e Edoardo << Saremo sommersi dalla sabbia, potrebbe crollare anche il soffitto.>> sono tra i pensieri più razionali che verbalizziamo alla terza curiosa (che simula un ritrovamento di dente di mammoth per ingannare la tensione). Sono così emotivamente turbato che neanche mi ricordo più quanti figli ho.
L’entusiasmo si spegne quando dall’altra parte del cunicolo trovo un piccolo ambiente e poi di nuovo sabbia che ostruisce il passaggio. No, che disdetta! E tra l’altro ci sono i segni di fumo nero, manco i primi ad arrivare qui!
E’ l’ora della Risalita.
Ci incamminiamo sulla via del ritorno, rimpiangendo di avere una corda di troppo ed una caffettiera in meno. Laross sbaglia un disarmo ed inanella così tanti rosari che quando ci raggiunge sembra un' ambulante di Lourdes.
L’ultimo scivolo da risalire, memore della fatica della settimana precedente, mi vede con il sacco appeso all’imbrago anziché sulle spalle ma la fatica e le biastime son le stesse, anche se stavolta non l’ho solo pensate.
L’inverno brucia le ore di sole velocemente, siamo all’uscita e ormai è notte (le sei di pomeriggio). Ci ritroviamo nel buio freddo e scosceso del fianco della montagna. La via del ritorno sembra fin più faticosa dell’andata e le dita dei piedi bruciano sotto il peso dei chili dei sacchi e delle troppe magnate.
Alcune luci dall’altra parte del canale ci accompagnano per tutto il tragitto, escursionisti della Vandelli che ritornano, pensiamo. Poi di nuovo auto, un po’ di difficoltà nello spogliarmi (come sempre) e si riparte verso la sede. Stanchi e silenziosi riportiamo l’attrezzatura al magazzino.
Mentre gli altri due riordinano lesti (qualità che per altro nel corso della giornata ho menzionato non poche volte, denigrando la velocità e sostenendo un ininterrotto elogio della lentezza) io mi spengo. A nulla valgono i richiami della Rossana che mi minaccia evocando pure la Ricci se non avessi tolto le corde dal salone; le rivolgo uno sguardo vuoto, ormai troppo satollo di grandi imprese che fan sembrare futile la così triste concretezza delle vicende sulla superficie di questa terra complicata.
E storia Fu.
Relazione scritta a quattro mani da Ro e Ro, come obolo per la sconfitta alle biglie.
Di seguito gli armi che ci sono che, tra tutti e tre,ci ricordiamo
Scivoli: tre anelli per una corda. Per metà del mio scivolo continuo a ripetere che avremmo dovuto frazionarlo. Quelli non mi filano, demordo.
Saltino: Uno spit ( ma la rondella ci va?)
pozzo più pozzo: fatto tranquillamente con una 40, prima traversino, pozzetto con due fix già in loco, frazionamento e pozzetto a calare. corda unica.
Canyon: who knows….
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come la volevi sviluppare?
E’ perfetta così ma io metterei che hai attaccato dalla serenità in giù… no?
quale serenità?
da qua: [...] .
stiamo facendo del metarolandismo.
comunque bellissima.
non abbiamo sviluppato la parte sul bello, la bellezza è importante è l’unico modo per migliorare l’umanità degradata =).
deh che paroloni
contestami!
l’umanità non è mai degradata. Sono gli occhi di chi guarda che possono essere più o meno tristi… (eh? ;)).
la sega. guarda come è ridotta. siamo al medioevo tecnologico. La sintesi della non bellezza e degrado dell’umanità la vedi circolare ogni giorno. i risvoltini :).
Ma ci deve essere un riferimento alla follia e sdoppiamento in modo da inserire il tuo pensiero su ciò che pensavo, o no?
"massima della giornata riguardo ai nodi, ovvero: più sono sporchi più tengono" ... si ma poi li devi anche sciogliere..... :-)
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